Carmine Tripodi intervista Augusto Mitidieri
Augusto Mitidieri è stato protagonista di un percorso di crescita molto interessante fatto registrare da Sintetica, un’azienda farmaceutica con sede a Mendrisio, nei primi due decenni degli anni 2000. Giunto in Sintetica nel maggio del 2000 a dirigere l’ingegneria e la produzione, ne è diventato il CEO nel 2010, guidando un processo di vera e propria trasformazione aziendale, centrato fortemente sulle persone. I risultati raggiunti sono stati degni di nota e un’azienda di pochi milioni di euro di fatturato è arrivata a sviluppare un volume d’affari, con una forte presenza internazionale, pari a circa cento milioni di euro e ad essere acquisita da un fondo. Augusto, che oggi è CEO di Amis Consulting e segue con grande interesse progetti di start-up, ha recentemente raccontato la sua esperienza in Sintetica in un libro dal titolo “Le persone al centro. Davvero”, scritto in collaborazione con S. Antonelli e P. Caravà, edito da ESTE libri.
Quando ho assunto la responsabilità di Sintetica, l’organizzazione si presentava come una realtà fortemente gerarchica e rigida, con processi consolidati e abitudini che sembravano difficili da cambiare. Tuttavia, osservando attentamente, ho potuto comprendere il grande potenziale del capitale umano presente in azienda. Questo punto di partenza ha aperto la strada verso una trasformazione culturale e organizzativa: il modello tradizionale doveva lasciare spazio a un nuovo approccio basato su fiducia e autonomia.
Uno degli elementi chiave della trasformazione è stata l’implementazione della leadership diffusa, un modello in cui la responsabilità viene delegata a tutti i livelli dell’organizzazione, permettendo ai collaboratori di esprimere appieno il loro potenziale. Questo cambiamento non è stato privo di sfide. Il concetto di fiducia andava testato e messo in pratica giorno dopo giorno. Ad esempio, quando ho chiesto al direttore di produzione di valutare le persone basandosi su parametri nuovi e trasparenti, la reazione iniziale è stata di incredulità, un chiaro segno di quanto fosse radicata l’abitudine a metodi tradizionali. Ma attraverso il dialogo aperto e l’adozione di un approccio trasparente, questo cambiamento ha portato frutti concreti, rafforzando la collaborazione in azienda e migliorando l’efficacia delle scelte.
Ce ne sono tanti. Un esempio significativo agli albori del nuovo corso di Sintetica è stata l’abolizione della campanella che scandiva i tempi dell’attività di produzione. Perché ci deve essere bisogno di una campanella per richiamare le persone? E poi, perché una campanella solo per la fabbrica e non per gli uffici? L’eliminazione di questo simbolo di controllo ha portato i dipendenti a sentirsi più autonomi e responsabili delle proprie azioni, migliorando il clima lavorativo e la produttività. Questo tipo di leadership ha creato le condizioni ideali per lo sviluppo dell’innovazione, non solo nei laboratori, ma in ogni angolo dell’organizzazione.
In Sintetica, in quegli anni, il concetto di innovazione non si è mai limitato alla ricerca e allo sviluppo di nuovi prodotti, né è mai rimasto confinato nel perimetro dei processi di produzione. I collaboratori di Sintetica avevano progressivamente acquisito che l’innovazione dovesse permeare tutti i processi aziendali, dai flussi di lavoro alle dinamiche relazionali. In un contesto caratterizzato da un forte impegno per il miglioramento continuo, poi, è stato decisivo non vedere l’errore come un fallimento, ma come una tappa necessaria per raggiungere il successo. Questo atteggiamento ha favorito un ambiente in cui le persone si sono sentite libere di sperimentare e proporre nuove idee senza il timore di essere giudicate.
Il percorso di trasformazione ha richiesto un profondo cambiamento nel rapporto tra impresa e dipendenti. Non sono mai stato d’accordo con l’idea di vedere le persone solo come “pacchetti di competenze”, ma le ho sempre considerate come individui complessi, con motivazioni e valori che vanno rispettati. Il rispetto e la fiducia reciproca sono diventati i pilastri su cui basare ogni decisione aziendale, e questo ha avuto un impatto diretto sulla qualità del lavoro e sul benessere dei dipendenti.
Il pettegolezzo. Ho sempre creduto che il pettegolezzo potesse essere assolutamente deleterio per la costruzione di un ambiente sano e favorevole alla collaborazione. È per questo che abbiamo sempre cercato di bandirlo in maniera decisa, fino a inserirlo in un sistema di indicatori di comportamento individuale (KBI: Key Behaviour Indicator), che in Sintetica abbiamo sempre preferito ai più utilizzati indicatori di performance (KPI: Key Performance Indicator).
L’esperienza con i fondi di investimento ha rappresentato un altro importante capitolo della storia di Sintetica. Quando un fondo internazionale ha acquistato una quota di maggioranza dell’azienda, l’ingresso di nuove competenze manageriali e di capitali sono stati due elementi importanti per proseguire nel percorso di crescita.
Tuttavia, prima dell’acquisizione, l’obiettivo dell’azienda non era solo massimizzare il profitto, ma mantenere un equilibrio tra performance finanziaria e benessere dei dipendenti. Questa visione ha permesso a Sintetica di crescere non solo economicamente, ma anche come organizzazione capace di attrarre e trattenere talenti, grazie a una reputazione costruita su valori solidi.
Nella cultura aziendale di Sintetica la felicità e il rispetto sono diventati strumenti operativi. Le persone, valorizzate per le loro capacità e la loro unicità, hanno contribuito in modo decisivo al successo dell’azienda. Un ambiente positivo e sano, dove il sorriso non è solo una manifestazione di benessere, ma il risultato di una leadership autentica, ha reso Sintetica un luogo in cui i dipendenti desiderano crescere e contribuire al meglio.
Un contesto organizzativo che non è stato facile conservare per la nuova proprietà, ma a cui io ero troppo legato per poter continuare a rimanere alla guida di un’azienda che stava cambiando la propria natura.